Venti anni di danza urbana a Bologna non è un traguardo ma un punto di partenza. Il lavoro di questi anni, abbiamo la presunzione di credere, non solo ha mostrato lo sviluppo inedito e indipendente di una particolare genia di creatori e interpreti del gesto d’arte nello spazio pubblico, permettendo finanche di nutrire giovanissime compagini e anomali performer (anomali sia per i territori della danza che per quelli del teatro, ma pensiamo anomali anche per gli ambiti dell’arte tout court), ma ha posto un problema linguistico in quelle relazioni che vanno a crearsi quando lo sconfinamento nell’urbano della creazione contemporanea ricerca ulteriori, a volte
sorprendenti contenuti concettuali rispetto all’emisfero coreografico. Lo spazio, direbbe Michael de Certeau, è un luogo praticato, vissuto, è un ambito che riesce a restituire quella giusta dose di portato reale dell’esperienza; per chi la “mette in scena” questa esperienza, attraverso una propria soggettività che non è mai, o almeno non è soltanto forma, e per chi assiste alla pratica, all’esecuzione. E il reale è quell’elemento spurio, non dogmatico che entra deviando le aspettative sia dell’uno che dell’altro. Il tracciato che la danza urbana porta in dote alla riflessione sulcontemporaneo, siamo convinti trovi puntelli nel pensiero filosofico, si arricchisca di smottamenti estetici, apra un dibattito sulla impressione dello spettacolo restituendoci un afflato del tutto originario di derivazione performativa che, ci sembra, connoti lo specifico, la cifra, le interferenze di DANZANO convegno sulla danza urbana Bologna Domenica 4 settembre 2016 Sala della cultura di Palazzo Pepoli Via Castiglione 8 – Bologna dalle ore 10:00 questo espanso universo dell’azione d’arte praticata fuori dai teatri e dalle architetture deputate. E le partiture che vanno a configurarsi, gli accadimenti che definiscono le qualità degli spazi come le qualità delle corporeità, sono portatrici di memorie, sono materie in azione di un’eco che lo spettatore raccoglie ed elabora condividendo un sapere collettivo, a partire da sé, dalla propria soggettività. Se è vero, come ci ricorda Avishai Margalit, che la memoria condivisa di un evento va al di là dell’esperienza di tutti coloro che l’hanno vissuta, l’esercizio che qui ci interessa è allora quello di approfondire i processi della creazione artistica da una perpendicolare sia prismatica che intima. Il giorno di riflessione che abbiamo voluto chiamare
Città che danzano parte da questi presupposti.
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