di Massimiliano Calafatello
MMcontemporary dance company di Michele Merola ha portato in scena al Teatro Coccia di Novara, La sagra della primavera/Bolero: un dittico di grande qualità che ne ha confermato l’ammirevole caratura artistica e le ha permesso di conquistare il favore entusiastico del pubblico in sala.
La compagnia reggina, ormai una certezza nel panorama della danza contemporanea in Italia, dispiega la sua grande lezione di danza attraverso emozioni e contenuti importanti servendosi di una veste personalissima curata tanto nei dettagli quanto nell’orchestrazione complessiva dell’ensemble.
La Sagra della Primavera e Bolero sono due pezzi di musica che costituiscono delle colonne portanti tra i pezzi del repertorio creato per la danza.
Con tutto il rispetto e la considerazione che il cimento richiedeva, Merola e Morelli sono riusciti a venirne a capo con successo senza deferenze adulatorie o accomodamenti ma piuttosto con personalità e autorevolezza.
La Sagra della primavera è stata coraggiosamente sottratta alla dimensione del mito per essere inserita in un altro “non tempo” più drammatico con un’interfaccia nella realtà contingente, quella che, come i ganci da macellaio inseriti in scena, incombe pericolosamente sul capo di ognuno di noi, nessuno escluso.
Enrico Morelli ha stabilito sulla scena un microcosmo in cui ribolle l’umanità con la sua grande paura, che si sottrae alla fatica di diventare e di affrontarsi riducendo al minimo le categorie di giudizio sul reale, e scantonando in una semplicistica caccia al capro espiatorio. Morelli alterna sapientemente movimenti corali pieni di pathos ed energia a passi a due trepidanti e intensi che narrano il digradare dell’uomo verso la china dell’annientamento.
I bravissimi danzatori della compagnia hanno saputo gestire dinamiche geometricamente precise e complesse in cui anche gli sguardi hanno avuto un peso determinante. Un occhio all’incombente pericolo ed uno al prossimo ora avversario, ora alleato ora nemico. I danzatori hanno lottato caparbiamente l’uno contro l’altro, si sono arresi, hanno lottato contro un comune destino, si sono alleati dando corpo alla scrittura coreografica di Morelli elegante e veritiera.
Bolero di Michele Merola ha strappato applausi convinti alla platea. Anche qui la mole prepotente della partitura è stata vissuta con il rispetto dovuto ma anche con decisione e senza remore; quasi smontata dagli inserti sonori curati da Stefano Corrias che hanno decelerato la inesorabile corsa della musica, con accenni sillabici e minimali che non hanno però rotto un’armonia di fondo. Degli squarci nella coltre avvolgente del tessuto sonoro, immaginifici spiragli di luci diverse che ne mettono in risalto una identità a volte nascosta dalla corsa irresistibile verso il culmine esplosivo del finale.
Il fiume turbinoso del Bolero di Ravel, consegnato all’immaginario collettivo per una quasi univoca vocazione alla sensualità perturbante e a volte ambigua, conosce quindi aree di sosta e di franchigia in cui Il coreografo partenopeo tratteggia con la sua cura per il dettaglio dei passi di grande sensibilità e lirismo. Una vita descritta nei suoi particolari più minuti attraverso scaturigini inusitate, in cui si avvicendano tratti di reciproca coesione o invero rigide e fredde pareti di vetro.
La coreografia di Michele Merola brilla ancora per la sua leggibilità che tanto nel fraseggio dei vari frammenti corali e dei passi a due tanto nel congegno coreografico complessivo coinvolge lo spettatore comunicandogli grandi emozioni.Foto di Luca Vantusso
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